LE REGIONALI, L'INAUGURAZIONE DEL PONTE DI RAGUSA, IL PONTE SULLO STRETTO, I ROMANI E I CARTAGINESI


È di qualche giorno fa la notizia della celebrazione dell’inaugurazione del ponte di Ragusa che costituisce una delle più grandi opere infrastrutturali degli ultimi anni finanziate da Bruxelles e che non lascia più Ragusa isolata dalla Croazia. Ragusa, penisola di Sabbioncello, in Dalmazia; perché Ragusa ce l’hanno anche i siculi, e chi si sofferma solo sui titoli delle testate giornalistiche, potrebbe pensare: “Ecco, ci risiamo, arrivano le Regionali –come qualcuno ha riferito alla scrivente- e vai di promesse sul Ponte sullo Stretto e pure di fake news sul ponte Ragusa-Croazia”.
Promesse di costosissime campagne elettorali a parte, nelle quali il Ponte sullo Stretto di Messina è sempre tirato fuori dal cilindro magico quale argomento principe delle opere irrealizzabili nelle politiche del Sud, l’idea di collegare la Sicilia al resto della Penisola, è un’idea non tanto poi così nuova e che affonda le radici in un passato che sempre ritorna attuale in altre vesti.
Secondo Plinio il Vecchio nel 251 A.C. i primi ad avere l’idea futuristica, su commissione del console Lucio Cecilio Metello, furono i Romani a progettare e realizzare, per quello che poteva essere l’ingegneria innovativa di allora, un ponte di barche servito per trasportare dalla Sicilia 140 elefanti da guerra catturati ai Cartaginesi durante la prima guerra punica.
Grandissimi passi da allora non ne sono stati fatti in un terra che fatica ad avviare un escavatore e se parlare del Ponte, da questa parte del mare rappresenterebbe la speranza di avere una strada asfaltata da percorrere per avere l’illusione di poter rimarginare e ridurre il vuoto di un insostenibile divario culturale ed economico, dall’altra parte della Penisola siamo sempre gli inquilini non graditi, non amati, criticati per mantenere sempre alto il tono della voce, per il mancato rispetto delle regole, per non sapere mantenere un impegno preso e tanto altro ancora.
Tutto vero, verissimo, siamo esseri diversi.
Allora il punto di domanda è come colmare una distanza che non è solo ingegneristica di 3 km e 600 metri, specie se a tornare in mente è un vecchio proverbio che recita che “Sono più numerosi gli uomini che costruiscono muri di quelli che costruiscono ponti".
In tal senso è emblematica la caratteristica del nostro sistema politico ed istituzionale che rappresenta i tratti tipici e peculiari del carattere nazionale che la storia del mancato Ponte può benissimo raccontare, con la voce profonda di molti inquilini dell’isola più a sud del mondo, di fronte al prossimo ennesimo schiaffo in vista delle Regionali, che diranno a Plinio il Vecchio che il 141esimo elefante è sfuggito alla cattura e ivi ha preso residenza, accontentandosi dello Stretto necessario e respingendo l'idea di una colata di pilastri che accorcia le emozioni, le speranze e le illusioni che ancora vivono tra Messina e Villa San Giovanni.

Rosalba Pipitone